Avigliano (Avigliàne in dialetto lucano) è un comune italiano cui, con decreto del 27 dicembre 1991 a firma del Presidente della Repubblica Francesco Cossiga, è stato conferito il titolo araldico di Città.
Origini del nome
Il toponimo deriverebbere da avis locum (“luogo dell’uccello”), una denominazione che sarebbe stata data da alcuni marinai orientali, oppure da locum avellani (“luogo dei noccioli”).
Nel territorio si è ipotizzata la presenza di un fondo tra la fine dell’età repubblicana e gli inizi di quella imperiale; sotto Traiano è menzionato un fundus Avillanus o Avilius, mentre successivamente una lapide funeraria dedicata ad una Villiana ha fatto supporre che l’abitato prendesse il nome da questa famiglia.
Storia
Medioevo
I primi reperti archeologici e documenti che testimoniano con certezza l’esistenza di Avigliano risalgono agli inizi dell’alto medioevo.
Il primo documento nel quale la città è citata risale al 13 novembre 1127, sotto il dominio normanno[10]. Il 18 luglio 1137 a Lagopesole, frazione di Avigliano, si tenne il quinto concilio di Melfi, nel corso del quale il papa Innocenzo II annullò la scomunica ai monaci di Montecassino, sostenitori dell’antipapa Anacleto II. Durante il concilio trovò qui ospitalità anche l’imperatore Lotario III, le cui milizie si erano unite a quelle del pontefice per sedare una rivolta a Bari.
Nel secolo successivo, Federico II di Svevia decise di erigere un castello a Lagopesole, da destinare a soggiorno estivo e alla caccia con il falcone. Nel 1290 vi venne costruito il primo convento dei padri domenicani (1290) in Basilicata.
Cinquecento e Seicento
Avigliano era legata fin dal XIV secolo al feudo di Melfi, dominato dalla famiglia Caracciolo. Nel secolo XVI fu costituita in università del Regno e i poteri dei feudatari furono limitati con una convenzione stipulata nel 1579. Nel 1612 il feudo di Avigliano passò ai Doria.
Nel 1694 si verificò una carestia a seguito di una lunga siccità; nel terremoto dell’8 settembre ad Avigliano furono distrutte una ventina di abitazioni e danneggiati gravemente il palazzo baronale e la chiesa madre, ma non si contarono vittime.
La popolazione fece voto di erigere una cappella votiva alla Madonna del Carmine che l’aveva salvata da maggiori danni. Due anni dopo, infatti, il capitolo ecclesiastico di Avigliano dette inizio alla costruzione della cappella sulla Montagnola, che assunse la denominazione di Monte Carmine.
Settecento e Ottocento
Nel 1799 nobili, popolani e religiosi appoggiarono la repubblica napoletana e l’albero della libertà vi fu piantato il 19 gennaio, prima ancora dell’ingresso delle truppe francesi a Napoli.
Gli aviglianesi ai moti del 1820 e del 1848, e successivamente a quelli unitari del 1860. Dopo lo sbarco di Garibaldi in Sicilia, nel maggio del 1860 fu costituito a Corleto il comitato rivoluzionario lucano. I 124 comuni della Basilicata vennero suddivisi in 10 sub-centri insurrezionali.
Ad Avigliano le truppe cittadine furono comandate dal sacerdote Nicola Mancusi. Con la cosiddetta insurrezione lucana la regione fu liberata dai Borboni prima ancora dell’arrivo di Garibaldi: Mancusi riunì in seguito una colonna di 700 armati di Avigliano, unendosi alle truppe provenienti dal Sud e accompagnò il generale fino a Napoli.
Con il fenomeno del brigantaggio, nelle campagne e nei boschi di Lagopesole, frazione di Avigliano, ne sorsero i primi e più importanti nuclei, comandati da Carmine Crocco di Rionero in Vulture e da Giuseppe Nicola Summa, più noto come Ninco Nanco, di origine aviglianese. Tuttavia ad Avigliano i contadini e gli artigiani si riunirono ai borghesi respingendo nel 1861 la banda di Crocco dall’ingresso nel paese. Nei mesi successivi, dopo aver subito alcune sconfitte, il 19 novembre 1861 Crocco, con le bande falcidiate dalle perdite subite, dalle malattie, dal freddo, e dalle diserzioni, decise di attaccare Avigliano malgrado la dichiarata contrarietà di José Borjes. Giunti nella cittadina con la popolazione in armi e pronta a difendersi, le formazioni comandate da Crocco attaccarono ma non riuscirono a superarne le difese. Considerate le perdite subite e la manifesta impossibilità di ottenere il successo, Crocco fece suonare la ritirata rifugiandosi ancora una volta a Lagopesole. il consiglio provinciale della Basilicata dell’11 gennaio 1862, nel considerare eroica la resistenza di Avigliano dichiarò:
Benemeriti della Patria…anche i cittadini di Avigliano…che con tanto coraggio e tanto patriottismo seppero difendere le mura dei padri loro.
Arco della piazza
Avigliano fu inoltre toccato dal fenomeno dell’emigrazione: nel solo periodo 1884-1913 furono in 9.000 a lasciare il paese per raggiungere gli Stati Uniti in cerca di fortuna.
Novecento
Durante la prima guerra mondiale i soldati aviglianesi furono inviati a combattere sul Carso.
Nel 1926 venne inaugurato nella piazza principale un monumento dedicato a Emanuele Gianturco, giurista e politico nato ad Avigliano. Con il contributo degli aviglianesi emigrati negli Stati Uniti, il 25 maggio 1930 fu inaugurato inoltre un monumento ai Caduti del Mezzogiorno e, nel corso della stessa cerimonia anche la linea ferroviaria tra Avigliano città e Avigliano scalo, costruita dalla Società mediterranea per le linee ferrate calabro-lucane e che permetteva il collegamento di Avigliano alla linea ferroviaria Potenza-Foggia, e a quella verso Bari.
Nel 1935, con la realizzazione del tronco autonomo Avigliano scalo – Potenza inferiore, la linea ferroviaria ebbe un collegamento diretto con la città di Potenza. Sempre nel 1935 furono edificati il Riformatorio giudiziario, dipendente dal Ministero di grazia e giustizia, e l’edificio scolastico elementare che in seguito fu intitolato a Silvio Spaventa Filippi.
Avigliano divenne luogo di confino per molti ebrei e internati politici di fede antifascista.