Montescaglioso

Montescaglioso (Mònde in dialetto montese, anticamente Mons Caveosus o Mons Scabiosus) è un comune italiano della provincia di Matera che ha acquisito il titolo di città nel 2004 con decreto del presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi ottenendo anche il riconoscimento di comune gioiello d’Italia 2012.

Il suo antico nome, però, era Civitas Severiana, probabilmente perché edificato da Alessandro Severo. Tuttavia Giustiniani e Zuccagni lo smentiscono. In ogni caso venne poi appellato Mons Scabiosus (“Monte Scabbioso”) in riferimento all’aspetto brullo e aspro del territorio, oppure in Mons Caveosus, (“Monte Caveoso, ricco di caverne”).

Viene definito la “città dei monasteri” proprio per la presenza di quattro complessi monastici, tra cui il principale: l’abbazia di San Michele Arcangelo. Il che rende questo paese un centro storico-culturale di rilevanza.

Il territorio di Montescaglioso ricade in una vasta area archeologica, storica e naturale: il parco della Murgia Materana, che comprende circa 8000 ha di cui circa 3500 del comune montese il quale, inoltre, fa parte del distretto del mobile imbottito di Matera-Montescaglioso.

Di pregio culturale il suo Carnevale, tra i principali in Basilicata, la cui prima attestazione ufficiale risale al 7 febbraio 1638. Parimenti il culto religioso e devozionale verso il santo patrono della cittadina Rocco di Montpellier, il cui patronato risale al 1684.

Territorio

La città sorge su un rilievo collinare a 363 m s.l.m. nell’estrema parte centro-orientale della provincia, confinando anche con la Puglia. È delimitato a sud-ovest dal fiume Bradano e a nord-est dal torrente Gravina, evidenziando la biodiversità di un paesaggio che passa dalla Murgia calcarea ai calanchi argillosi.

Storia

Le origini

I primi insediamenti nel territorio di Montescaglioso vengono testimoniati da importanti reperti archeologici  (tombe e vasi attici e apuli) rinvenuti nelle colline circostanti il fiume Bradano (esattamente a Cozzo Presepe, Difesa S. Biagio, Contrada Pagliarone) che fanno risalire la nascita del paese al VII sec. a.C..

È l’attuale centro abitato, tuttavia, l’insediamento principale nel quale, dopo i secoli IV e III a.C., conversero le popolazioni che si erano stabilite altrove. L’intera zona è collegata strettamente alla città magnogreca di Metaponto (fondata da coloni greci a metà del VII secolo a.C. nei pressi della foce del fiume Bradano), tant’è che v’è un intenso scambio e contatto con i centri greci della costa ionica. Scambio testimoniato anche dal fatto che, nel territorio montese, vi siano importanti reperti archeologici come alcuni corredi funerari.

Il tempo vide la decadenza di Metaponto – con progressivo insabbiamento del porto – e la contestuale ascesa di Montescagliso ove,  molto probabilmente, si trasferì parte della popolazione della città greca costretta ad abbandonarla e a disperdersi dopo essersi schierata con Annibale nel 207 a.C. durante la seconda guerra punica.

Gli archeologi hanno scoperto, nel centro storico cittadino, resti di strade del periodo ellenico. Ciò dimostra quindi che il primo insediamento umano fosse sorto nei pressi dell’Abbazia benedettina di San Michele Arcangelo nella quale, nel 1991, si scoprì una ricca necropoli attestante la presenza di una potente élite locale. Mentre, a valle – in località Porta Schiavoni – sono stati rinvenuti tratti imponenti di una cinta muraria risalente al III secolo a.C. e costruita con enormi blocchi di tufo posti in opera a secco.

Età antica

L’epoca romana ci regala un mosaico testimoniante la presenza di una magistratura repubblicana e di un grande edificio pubblico. Un telamone in tufo appartenente a un altro palazzo pubblico di Montescaglioso è conservato nel museo nazionale della Magna Grecia di Reggio Calabria.

Nel territorio montese sono stati ritrovati i resti di un centro abitato a difesa San Biagio del quale sono note le necropoli, alcuni impianti produttivi e parte del tessuto urbano. Nell’abitato di Cozzo Presepe si possono notare tratti della cinta muraria con i resti di una porta. In contrada Pagliarone, invece, numerose sepolture.

Nella fase storica imperiale e tardo imperiale è verosimile che l’abitato abbia subito un periodo lungo di decadenza e spopolamento attribuibili alla nuova organizzazione del territorio –  incentrata sul latifondo – imposta dai Romani.

Solo nell’altomedioevo si avranno nuove testimonianza di Montescaglioso.

Fu roccaforte bizantina per poi, dopo il 1000, essere conquistata dai Normanni: inizialmente in sorte a Roberto il Guiscardo e in seguito a varie vicissitudini, a Roberto da Montescaglioso unitamente al feudo di Tricarico.

Dopo di che, accolse anche un’importante comunità benedettina con il conte normanno Rodolfo Maccabeo. Intervenne più avanti Federico II ilquale l’assegnò a Manfredi. Sotto gli Angioini e gli Aragonesi fu feudo di vari signori: del Balzo, d’Avalos, Orsini, Loffredo, Grillo e Cattaneo.

Età contemporanea

Fin dall’inizio del XX secolo il paese conobbe la presenza del Partito Socialista Italiano, come da tendenza regionale che nel primo Novecento vide attecchire gli ideali legati all’internazionalismo proletario di stampo marxista.

Il partito rimase inattività fino al 1921, anno in cui i  mazzieri del deputato locale Francesco D’Alessio la diedero alle fiamme.

Ovviamente il regime fascista si insediò anche in Lucania, con tanto di vedetta della Marina Militare, eppure i partiti antifascisti non sono mai stati sopiti, tant’è che all’arresto del Duce seguirono violente manifestazioni contro il podestà Francesco Locantore fino a giungere, il 19 settembre, alla sua uccisione, benché vi fossero in paese le truppe canadesi arrivate quello stesso giorno.

Caduto il regime, l’attività politica del paese riprese trascinandosi il malumore degli abitanti, legato alle usurpazioni delle terre demaniali e alla presenza del latifondo con i suoi rapporti di produzione basati sui soprusi.

Al termine della seconda guerra, nel 1945, si assistette a un’occupazione – da parte di circa duemila persone tra braccianti, contadini e disoccupati legati al mondo agricolo, dei feudi del proprietario La Cava, nelle contrade di Tre Confini e della Dogana.

Per corroborare la protesta, il commissario prefettizio Manzo – alla guida del comune – fu trasportato in groppa a un asino chiedendone un’opera di mediazione con le forze dell’ordine ivi giunte, con lo scopo di far ottenere i terreni ai contadini. L’occupazione causò l’arresto di 21 persone.

Nel ’46 le elezioni amministrative videro la vittoria del PCI a dispetto della vittoria pressoché conforme nel mezzogiorno – legato alle istanze della conservazione – e schiacciante della DC

Il 1947, tuttavia, è l’anno cruciale per Montescaglioso. Le rivendicazioni dei contadini cominciarono ad assumere la concretezza che si sarebbe palesata due anni dopo. Nel dicembre si tenne a Pozzuoli, nei capannoni dell’Ansaldo, il Congresso democratico del Mezzogiorno con una delegazione lucana di 537 persone, di cui cinquanta cittadini montesi che ritornarono in città pieni di speranze e decisi a dare il colpo decisivo al sistema latifondistico.

L’anno successivo la cittadinanza fu seriamente impegnata politicamente per preparare lo scontro elettorale del 18 aprile, da cui sarebbe scaturito il primo parlamento dell’Italia repubblicana. In occasione delle elezioni fece ritorno Carlo Salinari (capo dei GAP, alias il compagno Spartaco), noto sia come grande letterato e sia per aver organizzato l’attentato di via Rasella (che causò la rappresaglia tedesca consumatasi alle Fosse Ardeatine).

Il forte contributo dei comunisti montesi non arrestò, però, la DC che vinse in maniera preponderante grazie anche a dei comizi incentrati sulla risoluzione del problema della terra.

I partiti di sinistra non si lasciarono reprimere né smisero di organizzare le masse anzi, cacciati all’opposizione, si convisero che fosse l’ora di  abbattere il sistema di potere basato sul grande padronato.

Una nuova data decisiva fu il 1949. Ancora una volta il mese di dicembre si rivelò fatale: quell’anno si concretizzò sia la rivolta dei contadini, che cambiarono strategia passando dalle occupazioni simboliche ad occupazioni vere e proprie con l’obiettivo di prendere il possesso dei terreni, sia la violenta repressione condotta contro i contadini dai celerini di Mario Scelba (Ministro dell’Interno nel Governo De Gasperi IV).

Questa repressione fu la più violenta insieme con quella di Melissa e Torremaggiore.

I contadini montesi durante l’occupazione.

Le occupazioni delle terre che cominciarono il 7 dicembre 1949, nonostante un iniziale e timido tentativo di contenimento da parte delle forze dell’ordine, proseguirono per una settimana senza incontrare alcuna opposizione.

Nel racconto dei testimoni si parla di “calma apparente” in quanto nell’aria era percepibile una certa tensione, le forze dell’ordine aspettavano il momento giusto per porre fine alle proteste popolari.

Nella notte fra il 13 ed il 14 dicembre, dopo che in paese era calato il buio a causa dell’interruzione della fornitura di energia elettrica, decine di celerini venuti da Matera e Bari (questi ultimi erano meglio conosciuti come “Battaglione Pugile”) invasero le strade del paesino.

Senza alcun rispetto dei diritti tutelati dalla giovane Costituzione repubblicana, i celerini invasero le case dei contadini. Il silenzio di quella gelida notte fu rotto dai pianti dei bambini e dalle urla di protesta della popolazione che si riversò nelle strade del paese: l’obiettivo era assediare la caserma dei carabinieri ed invocare la liberazione degli arrestati.

Mentre i contadini erano fermi lungo Corso Repubblica, sopraggiunse una motocicletta con in sella due carabinieri: Rosario Panebianco e Vittorio Conte. Questi volevano raggiungere la caserma ma, una volta incontrata la folla, cercarono di fare inversione e scivolarono sul viscido manto stradale. Impauriti, i celerini impugnarono le armi di ordinanza e spararono sulla folla ferendo Michele Oliva e Giuseppe Novello che morì tre giorni dopo a causa delle ferite riportate.

Le ultime parole che udì furono “Muori Carogna!”, pronunciate dal suo carnefice.

In seguito ai tragici fatti fu celebrato un processo che si rivelò una farsa fin dalle sue prime udienze, in quanto la linea del Governo De Gasperi, che trovava un forte appoggio nei grandi proprietari latifondisti, fu quella di insabbiare i fatti ed addebitare le colpe alle popolazioni disagiate.

Comunque i contadini, sconfitti dalla magistratura, ottennero un anno dopo una (seppur minima) conquista grazie all’approvazione della Legge Stralcio che aveva l’obiettivo di concretizzare i principi costituzionali sanciti negli articoli 42 e 44, riguardanti l’utilità sociale della proprietà privata e la previsione di espropri ai fini di una più equa distribuzione della proprietà fondiaria.

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